Proprio di fronte alla Torre, immerso fra le acque, si trova quello che da più di un ricercatore viene indicato come l’antico porto della città di Hadria, probabilmente di epoca romana.
L’esistenza a Cerrano del porto di Atri dall’antico Medioevo, viene menzionata per la prima volta in uno scritto del Sorricchio (“Il comune atriano del XIII e XIV secolo”, Atri 1983, doc. XIII, pagine 233-234), il quale ipotizzava che il culmine dell’attività di un porto in zona era intorno al VII secolo avanti Cristo. Anche il geografo augusteo Strabone, nei suoi scritti cita l’esistenza, in età romana, di un porto connesso con Atri presso la foce del fiume Matrinus (per alcuni possibile nome antico del torrente Cerrano).
L’Antico Porto del Cerrano
Cenni storici
La presenza di un antico porto1 nelle acque antistanti la Torre di Cerrano è documentata ampiamente dalle fonti storiche, a partire dal geografo greco Strabone2 (63a.c.-19d.c.) che ci parla di un porto commerciale presso la foce del fiume Matrino, corso d’acqua discendente dall’antica città di Hatria, identificandolo come un epìneion dotato quindi di strutture per lo stoccaggio delle merci, immagazzinamento e altre strutture funzionali al servizio di una città che ne distava alcune miglia. Ancora Plinio (I secolo d.c.) ci parla dell’importanza del vino di Atri trasportato in anfore di produzione locale verso l’Oriente, Grecia e Egitto, senza tralasciare la direttrice Aquileia – regioni danubiane.
Bitte – Foto di R.Breda Archeosub Hatria
Il comprensorio di Cerrano si presenta ricco di reperti archeologici, dalla fornace, tombe, anfore e mosaici, rinvenute in località Colle Stella, Castellucio e Colle Cretone nei pressi della Torre omonima.
Il porto in età romana aveva una posizione strategica essendo collocato in prossimità della via Cecilia, una diramazione della Salaria che collegava Roma con l’Adriatico passando per Amiternum (Aquila) e Hadria (Atri), da qui non conosciamo il nome odierno del torrente che porta alla foce e al mare. Tra i sostenitori che interpretano il fiume Matrinum con il Cerrano vi è la consapevolezza della distanza breve del torrente che collega la città al mare con 4 km, rispetto ad altri che per arrivare al mare devono attraversare colline, calanchi e fossati per una distanza di tre – quattro volte maggiore. Ancora oggi l’esatta localizzazione del corso fluviale Matrino è oggetto di dibattito, identificato talvolta con il Vomano, con il Piomba o con il Saline; difficile stabilire con sicurezza l’ubicazione del porto e della foce, essendo il litorale abruzzese soggetto a continui spostamenti della linea di costa e relativi interramenti delle foci che tendono a spostarsi verso il meridione.
Capitelli – Foto di R.Breda Archeosub Hatria
Tuttavia le numerose e successive fonti medievali rilasciano un’indicazione topografica molto precisa, si parla di portum in Pinna Cerrani, confortando l’ipotesi che in questo luogo sorgesse dapprima il porto romano sfruttato poi nel medioevo con l’aggiunta di edifici quali Ospedale e una prima Torre d’avvistamento.
Da questo momento la funzione commerciale venne meno, distaccandosi progressivamente dalla città egemone di Atri per inserirsi nel tessuto difensivo e commerciale del nuovo Regno di Napoli. Le fonti del ‘400 ci informano dei continui insabbiamenti dei fondali, della difficoltà nonché dispendio economico nel mantenerlo pulito da parte del Comune. Il porto divenne da questo momento un piccolo approdo per la pesca e minuti commerci lasciando il posto ai nuovi grandi empori marittimi.
Resti del porto – Foto di Sergio Agnellini
Resti del porto – Foto di R.Breda Archeosub Hatria
Evidenze archeologiche
I primi resti visibili dell’antico porto emergono dalla lingua di sabbia antistante la celebre Torre del Cerrano, blocchi squadrati di sicura origine antropica che proseguono sotto il pelo dell’acqua per oltre 500 metri dalla linea di costa.
Le ricerche subacquee iniziate nell’estate del 1982 dal professor Piergiorgio Data in collaborazione con altri enti importanti, hanno documentato la presenza di grandi pietre a spigolo vivo, lastroni di pietra d’Istria ad “L” rovesciata (2x4x4 metri), le stesse utilizzate per la costruzione della Cattedrale di Atri, grandi costruzioni murarie in mattoni, canaletta in calcare (simile alle tre presenti nella cripta della Cisterna-Basilica di Atri), scalini, bitte ed ormeggi, disposti secondo una certa impostazione urbanistica, alla profondità di 4,7 e 11 metri. L’impianto portuale sfruttava la foce fluviale con l’ausilio di due banchine d’approdo, purtroppo il fondale sabbioso impedisce il recupero di reperti datanti rendendo difficoltose anche le immersioni subacquee ai fini delle indagini e studi in corso3.
Strutture portuali – Foto di M.Cristina Mancinelli
Tecniche costruttive
I porti, tanto dai Greci che dai Romani, si costruivano generalmente alle foci dei fiumi. Tali costruzioni consistevano in moli sopra archi per combattere il naturale accumulo delle sabbie. I moli si restringevano a semicerchio nell’entrata del porto mediante scogliere e dall’una all’altra scogliera si gettava la catena per impedire alla flotta nemica l’ingresso nel porto. Su uno dei moli sorgeva il faro. Dalla parte di terra vi era una porta fortificata, fiancheggiata da torri, la darsena, i magazzini, case di custodi, ed infine il castellano, che costituiva l’embrione del borgo o del pago marittimo.
Strutture portuali vista dal Museo del mare – Foto di M.Cristina Mancinelli
Approfondimenti.
Il metodo della “cassaforma” era l’ideale per le costruzioni in acqua, nel punto stabilito si affondano e bloccano con sicurezza le casseforme tenute insieme da montanti di quercia e tiranti trasversali, dopo aver pulito e livellato il fondale all’interno si getta la malta mischiata al pietrame e il calcestruzzo a diretto contatto col legno. Al momento in cui si versa l’opera cementizia la cassaforma è allagata dall’acqua ma ne supera il livello per essere poi tolta. Nei resti delle strutture sommerse si possono vedere i segni dell’intelaiatura lignea attraverso dei fori nel cemento.
Vitruvio, De Architectura II.VI 14: “C’é una specie di sabbia che, naturalmente, possiede straordinarie qualità. … Se mescolata con calce e caementa (pietrisco), indurisce altrettanto bene sott’acqua come nelle ordinarie costruzioni.”
Maria Cristina Mancinelli
Bibliografia.
G. Angeletti, Ricerche archeologiche nel Porto di Cerrano in Dalla Valle del Piomba alla valle del basso Pescara, Documenti dell’Abruzzo Teramano, V,1, 2001.
AA.VV., Cerrano Ieri e Oggi, Amministrazione Provinciale di Teramo, Teramo, 1983.
L. SORRICCHIO, Pago e porto del Matrino in Hatria – Atri, Bullettino della Reale Deputazione Abruzzese di Storia Patria,Tipografia del Senato Roma, 1911.
1 Antico porto di Atri, http://it.wikipedia.org/wiki/Antico_porto_di_Atri
2 Strabone «ó Ma-Tprvo; TOTajiò; piwv ino t’ASpìavwv tióXew;, I/^wv ènlveiov xrjs ‘Acptac à-dóvjaov iaytou ». Traduco testualmente: « Il fiume Materno che scorre dalla città degli Atriani ed ha il nome aggiunto di emporio navale della stessa Hatria». Tradotto dal grandissimo storico Luigi Sorricchio.
3 http://www.rivistamu6.it/pdf/MU6_24.pdf
http://www.riservacalanchidiatri.it/internal.asp?category_name=COLLABORANO%20CON%20NOI&cat_id=59.
4 De Architectura di Vitruvio (Marco Vitruvio Pollione – Marcus Vitruvius Pollio) scrittore, architetto ed ingegnere romano (circa 80 a.C. – 23 a.C.).
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2013-01,DeAscentiis,L’Antico approdo di Hatria, MU6