LA UE IN DIFESA DEL MARE MEDITERRANEO DALLA PESCA
Passaggi fondamentali del documento sono quelli relativi alla necessità di ridurre drasticamente la pesca professionale che utilizza attrezzature tecnologiche avanzate, causa dei maggiori impatti ambientali, e la necessità di convertire il settore verso una ripresa della piccola pesca artigianale, che invece andrà tutelata anche come valore culturale, verso una futura conversione a servizi per il settore turistico.
Importanti i passaggi in cui si evidenzia la necessità di approfondire le conoscenze nel settore della pesca ricreativa di cui mancano i dati utili a svolgerne una corretta gestione e regolamentazione. Regole in cui il documento specifica chiaramente che andrebbe posto il divieto di utilizzare le reti da imbrocco, ciò anche considerando la rilevanza economica che può costituire per alcune comunità costiere l’attività sportiva.
Ma il documento, soprattutto, conferma che il sistema delle Aree Marine Protette è ancora sottodimensionato, economicamente poco considerato, geograficamente mal distribuito e gestito con difficoltà in molti luoghi.
A tal proposito si richiama la necessità di ampliare il numero di Aree Marine Protette in Mediterraneo per arrivare al 10% di mare protetto entro il 2020, come richiesto anche a livello planetario dall’IUCN, e di rendere la distribuzione delle stesse più uniforme, sia lungo le coste che in mare aperto, dove si cita espressamente la necessità di provvedimenti attenti di protezione per la “Fossa di Pomo“, la depressione del fondale del Mar Adriatico antistante l’Abruzzo.
Una risoluzione equilibrata e utile per fare il punto sull’impatto che la pesca crea sugli ecosistemi marini in Mediterraneo e di importante indirizzo per lo sviluppo delle normetive della pesca fuori dalle Aree marine Protette.